Progetto Khafre: svelati i tesori nascosti sotto la piana di Giza
Lo scorso fine settimana 15 e 16 Marzo 2025 a Castel San Pietro (BO) è stato all’insegna della scoperta di un inedito antico Egitto, svelato per la prima volta in anteprima mondiale dai nostri ricercatori indipendenti italiani.
I ricercatori: Corrado Malanga, Filippo Biondi, Armando Mei e Nicole Ciccolo hanno presentato il 15 Marzo alla stampa le “fotografie” radar del sottosuolo di Giza e la rappresentazione grafica semplificata delle strutture 3D individuate all’interno della piramide di Chefren e al di sotto della piramide, spingendosi fino a oltre 1km di profondità.
Ma gran parte del materiale di ricerca e le conclusioni, compreso il modello di ricostruzione 3D delle strutture presenti al di sotto della piramide sono state mostrate in oltre 4 ore di conferenza il giorno dopo ad un pubblico che superava le 900 persone, mai visto per un convegno sull’antico Egitto, come dichiarato dallo stesso Armando Mei esperto egittologo pre-dinastico.
È stato infatti questo il dato più straordinario della ricerca: un interesse eccezionale del pubblico, che per espressa dichiarazione di Nicole Ciccolo, responsabile comunicazione del progetto, e che ha presentato l’evento in modo particolarmente suggestivo, poteva essere molto più numeroso se avessero avuto uno spazio più capiente: 2mila è stato il numero delle richieste di partecipazione ricevute.
Il dottor Mei ha iniziato la presentazione mostrando i risultati del suo ultimo sopralluogo diretto a Giza con il gruppo di appassionati “turisti archeologi” che lo ha seguito per apprendere e contribuire alla ricerca sul campo con l’esperto.
Ha mostrato immagini di vari punti di manomissione all’interno della piramide di Khnum Khufu, Cheope, già individuate da Corrado Malanga su foto di repertorio.
Si tratta di almeno tre accessi a passaggi interni chiusi in tempi più o meno recenti che rendono impossibile l’esplorazione diretta degli ambienti individuati con le immagini radar.
Il più eclatante dei quali uno orrendo e vergognoso tamponamento in muratura di fianco alla camera del Re.
Ha poi proseguito con l’esplorazione di ambienti e cunicoli all’interno della piramide di Khafre, Chefren, mostrando immagini di varie ostruzioni palesemente post prodotte a nicchie e accessi presenti lungo il percorso tra la camera di Belzoni (il primo a entrarvi a inizio 1800) e l’uscita dalla piramide.
Il dottor Mei è passato successivamente all’esplorazione del Tempio della Valle effettuando una interessante analisi di tipo matematico e simbolico, evidenziando come, qualunque civiltà intelligente avesse costruito gli edifici di Giza (è ormai certo che non siano stati gli antichi Egizi), essa si esprimeva in modo matematico e simbolico attraverso numeri cosiddetti “perfetti” collegati a pi greco, alla sezione aurea e agli archetipi.
Secondo l’ipotesi del dottor Mei, le fonti storiografiche, il Libro dei Morti, il mito della città di Amenti, indicano come tutto il complesso di Giza sembra essere un grande immenso percorso per la morte-rigenerazione-ritorno in vita di chiunque lo percorresse e gli ambienti individuati nel sottosuolo sarebbero parte integrante di questo percorso con una corrispondenza con gli elementi della volta celeste secondo il principio esoterico come in alto così in basso, già individuato da Robert Bauval per la posizione delle grandi piramidi.
Secondo Mei il complesso trova la sua corrispondenza perfetta nella configurazione del cielo di 36000 anni fa, dato che i costruttori ci avrebbero voluto comunicare espressamente attraverso la disposizione degli edifici.
Siamo passati poi alla fase più tecnica del convegno con la lezione dell’Ingegner Filippo Biondi esperto di telecomunicazioni radar che ha spiegato nel dettaglio i principi fisici sui quali si basa la tecnica di captazione sonar da satellite e la trasformazione dell’informazione sonora in informazione grafica, evidenziando come tale ricerca non sarebbe stata possibile senza i providers dei satelliti Capella space e Umbra dei quali ha anche mostrato affascinanti immagini.
L’ingegner Biondi ha spiegato come questa tecnica si già ampiamente usata per il monitoraggio di grosse infrastrutture, per la mappatura dei movimenti tettonici delle zolle della crosta terrestre, e l’esplorazione delle camere magmatiche all’interno dei vulcani, non mancando di fare riferimento ai recenti avvenimenti nei campi flegrei e all’importanza preventiva di questa tecnologia.
Ha poi mostrato le immagini ottenute con i radar SAR puntati sul laboratorio di fisica delle particelle del Gran Sasso, posto a oltre 1km di profondità rispetto alla sommità della vetta e la corrispondenza tra tali immagini ottenuti con tale tecnica e le planimetrie note del sito.
Le immagini, o per meglio dire, tomografie, vengono ottenute a partire dall’informazione sonora attraverso l’elaborazione di un algoritmo brevettato e registrato dallo stesso Biondi.
I ricercatori hanno tenuto a ribadire il concetto, già espresso in conferenza stampa, di una ricerca a costo praticamente zero, senza spostare una pietra e senza adulterare in alcuno modo il sito archeologico a dispetto invece dei milioni di dollari spesi per altri tipi di ricerche, in particolare quella muonica, che necessita di posizionare una sorta di “lastra fotografica” al di sotto del sito e che non ha prodotto alcun risultato a causa di un errato posizionamento della macchina fotografica, come ha evidenziato in seguito il professor Corrado Malanga.
Il professore si è dedicato, nell’ultima parte del convegno, alla interpretazione delle immagini tomografiche, incomprensibili ad un occhio inesperto, ma invece molto più ricche di informazioni rispetto all’informazione elettromagnetica di una immagine fotografica.
La particolarità delle tomografie è che gli oggetti fotografati vengono resi “trasparenti” e risultano visibili contemporaneamente gli elementi che si trovano in primo, secondo terzo e persino quarto piano, e questo contribuisce a far apparire confusa l’immagine.
Altro elemento che concorre a rendere di difficile comprensione l’immagine è il movimento dei satelliti che riprendono in successione le acquisizioni di informazione dilatando e deformando orizzontalmente le rese grafiche.
Vi è poi il problema della oscillazione e vibrazione sonora dell’oggetto osservato che determina la resa di un oggetto grafico che appare in movimento anche se immobile.
Altro aspetto che rende difficile puntare i radar su altri siti megalitici, come chiesto da un giornalista in conferenza stampa, è la presenza della vegetazione e della sua vibrazione che offuscherebbe le immagini satellitare, pertanto la ripresa delle immagini in un luogo desertico è stata la condizione ottimale di ricerca.
Altro aspetto tecnico emerso in conferenza stampa è la presenza dell’elemento acqua nel sito che invece favorirebbe enormemente le riprese funzionando in modo analogo a un liquido di contrasto.
Veniamo infine alla parte più sensazionale, i risultati della ricerca.
Le tomografie hanno rivelato la presenza di ben 5 strutture di pietra a 6 livelli con tetto a capanna, i cosiddetti “risuonatori” o Zed, che avrebbero un ruolo essenziale nella trasmissione della vibrazione sonora fino alle camere interne, visti dall’alto: uno centrale nella piramide e gli altri 4 posti agli angoli di un ipotetico quadrilatero.
Al di sotto del livello del suolo della piramide partono 8 pozzi circolari del diametro di 12/14 metri ciascuno avvolti da delle strane strutture a spirale, simili a molle giganti, e che raggiungono la profondità di circa 500 metri dove vengono interrotti da 2 enormi cavità a forma cubica di circa 80metri di spigolo, due grandi sale, collegate da un ambiente intermedio a forma di parallelepipedo.
I pozzi proseguono verticalmente fino alla profondità di 1,2 km dove viene individuato uno strato compatto di granito o calcare.
La funzione di questi ambienti è assolutamente tutta da scoprire, ma certamente queste strutture, simili a grosse palificazioni in pietra, assieme al plateau di base della piramide contribuiscono al consolidamento statico di tutto l’edificio impedendo alla piramide di sprofondare nella sabbia.
Diversa è la questione della funzione delle grandi sale a 500 metri di profondità. Ad una tomografia allargata, che riprende l’intera piana di Giza nel suo complesso, sono individuabili cunicoli e condotti di areazione che conducono alle sale il che farebbe ipotizzare che questi ambienti, ad una temperatura interna a quelle profondità presumibilmente oggi a quelle latitudini di circa 38 gradi, siano stati resi abitabili.
Interessante anche l’impiego dell’intelligenza artificiale a suffragare le ipotesi interpretative dei ricercatori.
Certamente non si tratta di formazioni naturali e certamente la tecnologia in grado di costruire simili ambienti a tali profondità nel sottosuolo oggi non ci appartiene.
Strutture a pozzo simili a noi note sono per esempio il più recente Pozzo di San Patrizio in Italia ma ve ne sono anche in India e in altre parti del globo. I ricercatori invitano i giornalisti e il pubblico ad aiutarli a formulare ipotesi riguardo la funzione di questi manufatti.
La tomografia allargata di Giza rivela la presenza di una intera costellazione di ambienti sotterranei fino a 1km di profondità, una estensione paragonabile a una intera città.
Alle nostre domande i ricercatori rispondono che solo per la piana di Giza si tratterà di una ricerca che potrà andare avanti per anni, che andrà studiata come unico complesso, con spedizioni e sopralluoghi sul campo, e non nascondono le perplessità circa l’ammissione della nuova realtà dei fatti da parte del mondo accademico o l’ottenimento di permessi per effettuare scavi per confermare e ampliare le conoscenze fin qui acquisite sull’origine della nostra civiltà.
A domanda di un giornalista, viene esclusa la possibilità di puntare lo strumento sull’Antartide ma il professor Malanga conferma di aver già cominciato ad osservare la piramide bosniaca di Visoko.
Si preannuncia essere solo l’inizio di un lungo e nuovo filone di ricerca che durerà presumibilmente decenni.
La particolarità di questo progetto di ricerca è il coinvolgimento del pubblico di appassionati non addetti ai lavori che hanno potuto assistere alla prima spedizione al Cairo guidati direttamente da Armando Mei a Giza e a Saqqara fino all’interno dei monumenti per effettuare le prime verifiche e rilievi sul campo.
I partecipanti a questo primo viaggio hanno potuto fare le loro domande agli altri ricercatori del gruppo in diretta streaming contribuendo così anche “dal basso” ad arricchire e indirizzare la ricerca in itinere. Una esperienza di turismo archeologico e di comunicazione della ricerca scientifica senz’altro innovative e per le quali ci sentiamo di fare i complimenti agli organizzatori.
In anteprima ci comunicano che la prossima spedizione è prevista dal 12 al 16 ottobre 2025 e che sicuramente non sarà l’unica.
Speriamo di poter dare presto informazioni più precise per consentire agli appassionati di valutare la loro partecipazione.
Di Roberta Arzilli
Se vuoi conoscere la data della prossima conferenza di Corrado Malanga, Filippo Biondi, Armando Mei e Nicole Ciccolo organizzata da Yourevolution, iscriviti alla nostra newsletter